mercoledì 10 marzo 2010

Bird and Diz nel 1947

Vorrei segnalare un bel blog, JazzWax.com nel quale l'autore Marc Myers scrive giornalmente su grandi leggende del jazz e leggendarie registrazioni.
In particolare vorrei segnalare un post, pubblicato qualche giorno fa su un concerto di Charlie Parker e Dizzy Gillespie alla Carnegie Hall il 29 settembre 1947.
Remember, this was 1947, and the big names of jazz were Roy Eldridge, Don Byas and Bill Harris. Bop was very much a poor relation, husbanded by a hard-core claque, more annoying than effective.
By divine right, according to these hipsters, the Bird should have been the main attraction, but there were a number of very good reasons for building the concert around Dizzy. Old Diz was then experimenting with the first of his big bands and, of course, ranked as an outstanding practitioner of the new style.
More important, he was eminently employable, which at no stretch of the imagination could be said about Parker. It was often a matter of pure chance if Parker showed up for a booking at all (an advance was usually a fatal mistake), let alone with his horn, and the promoters had understandably put their money on the jovial and reliable trumpeter.

venerdì 5 marzo 2010

Con Eugene Smith rivive un'epopea americana in bianco e nero

Oggi sul sito della Stampa, è stato pubblicato un magnifico articolo a firma di Viviana Bucarelli, sul leggendario fotoreporter americano Eugene Smith, che nel 1957 si trasferì' in un palazzo fatiscente di New York, dove viveva e suonava il gotha del jazz, e scattò oltre 40 mila immagini.
All’improvviso lasciò la famiglia con cui viveva in una bella località al nord di New York, Croton-on-Hudson, si licenziò da Life (dopo una serie innumerevole di litigi per la gestione delle sue immagini), e andò a vivere in un palazzo fatiscente a Manhattan. In quel momento come racconta il critico Sam Stephenson «ogni sala d’attesa e ogni "coffee table" americano esponeva copie di Life con i suoi scatti, ma Smith lasciò la rivista all’apice della sua fama, rinunciò ad un ottimo salario, e decise di vivere in precarie condizioni nello squallore di quell’edifcio».
Un edificio che era però polo d’attrazione dell’Olimpo dei più grandi musicisti jazz. Un appartamento costava 40 dollari al mese d’affitto e vi si trasferirono Hall Overton e Dick Cary. Assidui frequentatori furono Sonny Clark, Thelonious Monk, Charles Mingus, Ornette Coleman, Bill Evans, Charlie Haden, Chick Corea, Don Cherry, Sonny Rollins. Circolarono in quelle stanze oltre 300 musicisti. Tra un appartamento e l’altro si tenevano fumose jam session notturne, che non iniziavano quasi mai prima delle 3 del mattino: «quando tutti finivano di suonare nei club che a quell’ora chiudevano», ricorda Robert Northern, suonatore di corno francese.
Tra loro si aggirava, sempre con la macchina al collo, Eugene Smith che dal 1957 al 1965 fece 40 mila fotografie, tra immagini notturne musicali e istantanee delle strade del quartiere, prese dalla finestra del suo appartamento al quarto piano. E negli stessi anni registrò, con un sistema di cablaggio sofisticato, anche 4 mila ore di nastri mono e stereo. Mai visti o sentiti da nessuno fino a quando Sam Stephenson, curatore della Duke University, dopo avere lavorato per lungo tempo su questi preziosi documenti, ha pubblicato un catalogo e presentato una mostra multimediale alla New York Public Library for the Performing Arts dal titolo «The Jazz Loft Project» (è aperta da pochi giorni e si potrà vedere fino al 22 maggio).
«Smith - spiega Stephendon - era un maestro della camera oscura. In queste fotografie c’è il bianco, il nero ed ogni possibile sfumatura tra i due. Era un mago della manualità. Ed era anche attratto dalla musica, anche e proprio per il fatto che si "fa" con le mani».

giovedì 4 marzo 2010

Nina Simone: The 'Princess Noire'

Le sublimi canzoni della grande Nina Simone ne fecero un'icona della musica americana. Era una pianista, una scrittrice e una compositrice. E nel tumulto del movimento dei diritti civili, anche lei diventò una voce di azione e di rabbia. La scrittrice Nadine Cohodas ha appena pubblicato una nuova biografia della cantante, dal titolo "Princess Noire: The Tumultuous Reign of Nina Simone". In essa, si ripercorre la vita di un artista la cui musica è sempre stata una estensione - ed una risposta - al mondo intorno a lei. Secondo la Cohodas, Nina Simone provava una rabbia impenitente al trattamento dei neri in America. "Non ha mai avuto interesse ad attraversare il divario razziale: avrebbe voluto affrontarlo".
Simone, che morì nel 2003, diede la sua ultima esibizione a New York alla Carnegie Hall l'anno precedente. "Ci furono scorci di quello che Nina Simone era stata" dice la Cohodas. "Cantò per soli 45 minuti. Non fu un grande concerto, ma tutti erano così felici di vederla. Si era trasformata in una dea della cultura".
Sul sito della NPR è possibile leggere un corposo estratto di questo splendido ritratto della grande cantante.
It was more a path emerging than a promise fulfilled that put Nina Simone on a makeshift stage in Montgomery, Alabama, on a sodden March night in 1965. She wanted to sing for the bedraggled men and women who had trekked three days from Selma to present their case for black voting rights to a recalcitrant Governor George Wallace. Nina was following the lead of James Baldwin, her good friend, mentor, and sparring partner at dinner¬table debates, a role he shared with Langston Hughes and Lorraine Hansberry. They were her circle of inspiration, writers who found their voice in the crackling word on the page—the deft phrase and the trenchant insight that described a world black Americans so often experienced as unforgiving.
Nina linked her voice to theirs, understanding from the time she was Eunice Waymon, a precocious little girl in Tryon, North Carolina, what it was to be young, gifted, and black, even if she couldn't find the words to express it. On that stage in Montgomery, long since transformed into Nina Simone, she sang "Mississippi Goddam," her litany of racial injustice and a signal that she, too, had found her spiritual assignment: to use her talent for the singular cause of freeing her people and not incidentally herself. She never suggested the task was easy, and anyone willing to listen, willing to heed her exhortations, could engage in the struggle at her side.
"I didn't get interested in music," Nina explained. "It was a gift from God." But when private demons besieged her, a rage of breathtaking dimension obscured that gift, blinding her to everyday realities even as the anger informed her creations and at the same time served to attract, provoke, and on occasion repel an audience. Yet through it all came the unmistakable pride of accomplishment. "When I'm on that stage, I assume honor. I assume compensation," she declared, "and I should."

Sonny Rollins premiato con la Medaglia della Edward MacDowell Colony

Quest'anno, la Medaglia della Edward MacDowell Colony è stata assegnata al grande Sonny Rollins. Il presentatore della serata sarà l'eminente scrittore e critico di jazz Gary Giddins, grande fan del sassofonista. La premiazione si svolgerà domenica 15 agosto, con inizio alle 12:15
La Medaglia della Edward MacDowell Colony è una onoroficenza assegnata ogni anno ad un artista che ha dato un eccellente contributo nel proprio settore. Dal 1960, anno in cui la Medaglia fu assegnata la prima volta, tra gli artisti che hanno ricevuto questa onoreficenza ci sono Leonard Bernstein, John Updike, Georgia O'Keeffe, IM Pei., e Merce Cunningham. La cerimonia del Medal Day offre non solo le onoreficenze, ma anche la partecipazione di un ben noto presentatore che abbia familiarità con il lavoro del premiato. Tra i presentatori del passato citiamo l'artista visivo Richard Serra, lo scrittore William Styron e Robert Campbell critico di architettura e vincitore del premio Pulitzer. Dopo la cerimonia, gli ospiti sono invitati a partecipare ad un picnic per gustare lo splendido paesaggio della Colonia, prima di una visita negli studi degli artisti residenti. Questo impegno casuale ma stimolante con gli artisti della MacDowell Colony permette ai visitatori di immergersi nel processo creativo e di visualizzare dei lavori contemporanei, molto tempo prima che questi raggiungano i musei, i cinema, gli stadi, o le librerie. Gratuito e aperto a tutti, il Medal Day è diventato una meta culturale per tanti visitatori vicini e lontani, e richiama in genere più di 1.500 persone.
La MacDowell Colony è situata nella regione Monadnock del New Hampshire.
Per ulteriori informazioni: www.macdowellcolony.org

A New York un italiano ai vertici del jazz

Sul sito del Sole24ore è apparso un bel articolo su Antonio Ciacca, il pianista e compositore italiano, che è anche direttore della programmazione al Lincoln Center di New York, una delle più importanti istituzioni jazzistiche al mondo (con la direzione artistica di Wynton Marsalis) e l'unica al mondo con una stagione jazzistica permanente.
«Marsalis ha una idea sul taglio da dare alla stagione musicale, e io decido quale musicista meglio si addice per il tipo di concerto che abbiamo in mente. Lo scorso autunno abbiamo dedicato, ad esempio, un festival alla grande Mary Lou Williams (colei a cui si sono ispirati Miles Davis, Charlie Parker, Thelonious Monk, Bud Powell, Tadd Dameron e altri) e io mi sono occupato della scelta degli artisti più adatti a valorizzare il suo stile».
La sua passione per il jazz si accese quella sera del 9 febbraio del 1989, quando, a completo digiuno di musica jazz, assistette al concerto di Wynton Marsalis a Bologna. «Si apriva davanti ai miei occhi, il mondo sconosciuto del swing», racconta Ciacca. Rapito dal carisma di Marsalis, decise di incontrarlo terminata la serata.
Dalle montagne di Volturino, Foggia, dove aveva vissuto infanzia e adoloscenza, si trasferisce a 19 anni a Bologna, e si iscrive al Conservatorio di Musica specializzandosi in pianoforte. «Mia madre e’ sempre stata una appassionata di musica, le piaceva ballare il liscio, ma il jazz per noi era territorio inesplorato». A Siena frequenta il corso in musicologia afroamericana di Marcello Piras. Si addentra nella storia musicale tanto amata dal grande Marsalis. «Studiavamo le origini del jazz e le scoperte delle partiture di fine ‘800 dei pianisti di Harlem. Ci occupavamo della musica di Louis Moreau Gottschalk, un pianista americano di origine creola che aveva studiato musica a Parigi».
L'articolo integrale è consultabile a questo link.

mercoledì 3 marzo 2010

Aperte le iscrizioni per il concorso Scrivere in Jazz

Il concorso internazionale Scrivere in Jazz riapre le iscrizioni per il 2010. La competizione punta come sempre a premiare le migliori composizioni per big band, caratteristica che l'ha resa nel tempo un fenomeno unico in Europa. Ma non solo: in questo undicesimo anno si riconferma l'ultima novità: una sezione dedicata all'esecuzione, e in particolare al canto jazz. Le iscrizioni si chiuderanno il 30 giugno 2010. Durante la finale, che si svolgerà a Sassari nel mese di settembre, i vincitori si contenderanno un montepremi di diecimila euro.
Dopo avere ospitato più di 400 arrangiatori e compositori da tutto il mondo, il concorso organizzato dall'Associazione Blue Note Orchestra si ripropone con le sezioni che ne hanno decretato il successo, ospitando sia le composizioni libere che quelle ispirate a una forma musicale della tradizione sarda (quest'anno i "Gosos", componimenti poetici dedicati alla Madonna). In entrambi i casi i concorrenti dovranno scrivere e arrangiare per l'organico dell'Orchestra Jazz della Sardegna, composto da 18 elementi. La terza sezione metterà a confronto le migliori voci emergenti nel panorama jazz italiano.
I cantanti che, dopo la valutazione della giuria di esperti, arriveranno in finale, saranno accompagnati dall'OJdS; la stessa big band eseguirà dal vivo i brani dei compositori e degli arrangiatori che avranno superato le selezioni.
Per ricevere una copia del bando o avere maggiori informazioni basta mandare un'email all'indirizzo: scrivereinjazz@abno.com, oppure cliccando a questo link.
Scrivere in Jazz è organizzato dall'ABNO in collaborazione con l'Assessorato alle Culture del Comune di Sassari e con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, degli Assessorati alla Cultura della Regione Sardegna e della Provincia di Sassari, della Fondazione Banco di Sardegna.
Per informazioni: www.abno.com

Joey Calderazzo a Marostica

Stasera al Panic Jazz Club di Marostica concerto del Joey Calderazzo Quartet, con A.J.Brown al basso, Brevan Hampden alle percussioni e Larry Draughn jr. alla batteria.
Calderazzo, newyorchese di New Rochelle nato nel 1965, è considerato uno dei migliori pianisti della scena jazz internazionale. Ha iniziato a suonare a sette anni, entrando adolescente in un gruppo che omaggiava i Beatles e i Led Zeppelin. Ammesso al Berklee College of Music, la Mecca del jazz, il giovane Joey ha spostato i propri interessi alla musica afroamericana, appassionandosi a Oscar Peterson, Chick Corea e McCoy Tyner, artisti che ne hanno segnato il linguaggio musicale anche negli anni della maturità.
Conosciuto Michael Brecker, il sassofonista scomparso nel 2007, durante un seminario, Joey trova aperte davanti a sé le porte della notorietà:la collaborazione col mentore Brecker inizia con l'inclusione nel quintetto del celebre saxtenorista e prosegue anche negli anni successivi con la partecipazione come pianista e compositore a "Tales from the Hudson" e a "Two Blocks from the Edge", nonché con un' intensa attività di tour mondiali. Calderazzo continua, inoltre, a collaborare anche con Jerry Bergonzi e, soprattutto, con Branford Marsalis prendendo parte ai progetti "Buckshot LeFonque" e "Music Evolution" e dal 1988 fa parte a pieno titolo del quartetto di Marsalis, in una collaborazione che ha ormai superato la boa dei quattro lustri. Tra i tanti progetti degli anni Duemila, "Haiku" del 2002, primo suo disco di piano solo, e "Amanacer".
Tra i prossimi concerti del Panic, segnaliamo anche il Greg Osby Quintet, mercoledì 10 marzo 2010, Gary Thomas Quartet, mercoledì 17 marzo 2010, Lionel Loueke, mercoledì 14 aprile 2010, Enrico Rava New Quintet feat. Gianluca Petrella, mercoledì 21 aprile.
Informazioni al sito www.panicjazzclub.com

Intervista a Jane Monheit

In occasione della sua partecipazione al Philippine International Jazz and Arts Festival, la rivista locale Abs-Cbn News ha intervista la splendida cantante Jane Monheit, senza dubbio una delle voci più importanti del jazz moderno.
How did you come to appreciate jazz music?
I grew up with it. It's the music in our living room as a kid, and in our grandparents' house. It's a family thing. My husband grew that way too. So when we met, it was amazing. And now, we're giving it [jazz music] to our son, he gets it live all the time.
So you're really into music. Is it in the genes?
Yes. I'm the only professional musician in our family although certainly, they all have talent. My mother is into theater and sings in choirs, my brother is a songwriter and a rock guitar player. He's just brilliant, but he's in real estate. Everyone [in the family] chose to do different things.
It's all kinds [of music], every genre for our family. I never stopped singing, and now my son is like that too.
What do you like most about jazz music?
One of the greatest things about jazz is its international aspect. It's a genre that's well-loved around the world. When we travel around and see people from different cultures, they love the same form of music. It's a really wonderful thing.
I think it [jazz] is becoming a bit more popular now thanks to certain artists. I usually see everyone love jazz during Christmas time. I like that time of year when it [jazz] just branches out and people love it.
But of course, it would be better if they try those that aren't Christmas songs. Maybe someday.
L'intervista integrale è pubblicata a questo link.

Marc Ribot a Modena

Torna stasera a Modena, dopo un memorabile concerto durante la maratona jazz dell’estate 2007, uno dei più versatili ed apprezzati chitarristi di oggi, Marc Ribot, americano classe 1954. La sua chitarra è in grado di attraversare i generi con classe pura senza aver paura di intrecciare atmosfere e sonorità nascoste.
Musicista eclettico, icona della musica d’avanguardia contemporanea, con la sua chitarra Marc Ribot sa spaziare dal jazz al punk, dalla musica cubana alle composizioni di Scelsi. Marc Ribot si distingue per la cifra stilistica e il suono inimitabile e per questo è stato scelto per live e registrazioni in studio da musicisti come Jack McDuff, Wilson Pickett, Tom Waits, Elvis Costello, Marisa Monte, Marianne Faithfull.
Originario del New Jersey, ha collaborato con gli artisti più innovativi della scena americana come Arto Lindsay, Don Byron, Evan Lurie, Sun Ra Arkestra, Bill Frisell, Medeski Martin & Wood. Da anni ormai collabora con il grande John Zorn: i due fondano il movimento della “Radical Jewish Culture” che ha influenzato molto la musica odierna a New York. Ribot suona regolarmente con Zorn nei gruppi “Bar Kokhba” e “Electric Masada”

Tra i molti progetti che Ribot porta avanti ricordiamo il suo gruppo free jazz “Spiritual Unity”, il gruppo “The Young Philadelphians” con Calvin Weston, Jamaaladeen Tacuma e Anthony Coleman, il trio che porta il suo nome insieme a Henry Grimes and Chad Taylor e il collettivo sperimentale “Ceramic Dog”. Ma non è ancora tutto, visto che Marc Ribot coltiva anche un amore per la musica cubana che lo ha spinto a creare un gruppo “Los cubanos postizos” che miete successi nei club newyorkesi. Come solista invece non si può non citare un album impedibile del 2001 intolato “Saints”, dove il chitarrista ha reinventato bravi che vanno dai Beatles alle composizioni di Leonard Bernstein.
Tra le colonne sonore recentemente composte anche quelle per i film “Ogni cosa è illuminata”, dal romanzo di Safran Foer e “The Departed” di Martin Scorsese.
Appuntamento stasera al Baluardo di Modena, alle ore 21.45.

Dolomiti Ski Jazz

I sassofonisti americani Greg Osby, Gary Thomas e Bob Sheppard sono gli artisti di punta di 'Dolomiti Ski Jazz', in programma dal 13 al 20 marzo.
Ad aprire la rassegna, che si svolge fra teatri, pub e baite in quota, sara' Greg Osby e il suo quintetto (sabato 13 marzo, ore 21, all'auditorium di Cavalese). Il quartetto di Gary Thomas si esibira' invece martedi' 16 marzo, alle ore 21, al teatro comunale di Tesero. Il quartetto di Bob Sheppard suonera' infine a Cavalese (Wine Bar Hotel, 18 marzo alle 21.30).
Il festival è un'occasione irresistibile per sciare a ritmo di jazz in scenari naturali mozzafiato.
Appuntamento quindi sulle montagne delle Dolomiti del Trentino, dove noti musicisti jazz scenderanno "in pista" proponendo coinvolgenti concerti nei rifugi in quota sulla neve.
E dopo il tramonto, jam session e concerti jazz anche nei pub e nei teatri.
Per informazioni e per il programma della manifestazione: www.dolomitiskijazz.com