venerdì 5 marzo 2010

Con Eugene Smith rivive un'epopea americana in bianco e nero

Oggi sul sito della Stampa, è stato pubblicato un magnifico articolo a firma di Viviana Bucarelli, sul leggendario fotoreporter americano Eugene Smith, che nel 1957 si trasferì' in un palazzo fatiscente di New York, dove viveva e suonava il gotha del jazz, e scattò oltre 40 mila immagini.
All’improvviso lasciò la famiglia con cui viveva in una bella località al nord di New York, Croton-on-Hudson, si licenziò da Life (dopo una serie innumerevole di litigi per la gestione delle sue immagini), e andò a vivere in un palazzo fatiscente a Manhattan. In quel momento come racconta il critico Sam Stephenson «ogni sala d’attesa e ogni "coffee table" americano esponeva copie di Life con i suoi scatti, ma Smith lasciò la rivista all’apice della sua fama, rinunciò ad un ottimo salario, e decise di vivere in precarie condizioni nello squallore di quell’edifcio».
Un edificio che era però polo d’attrazione dell’Olimpo dei più grandi musicisti jazz. Un appartamento costava 40 dollari al mese d’affitto e vi si trasferirono Hall Overton e Dick Cary. Assidui frequentatori furono Sonny Clark, Thelonious Monk, Charles Mingus, Ornette Coleman, Bill Evans, Charlie Haden, Chick Corea, Don Cherry, Sonny Rollins. Circolarono in quelle stanze oltre 300 musicisti. Tra un appartamento e l’altro si tenevano fumose jam session notturne, che non iniziavano quasi mai prima delle 3 del mattino: «quando tutti finivano di suonare nei club che a quell’ora chiudevano», ricorda Robert Northern, suonatore di corno francese.
Tra loro si aggirava, sempre con la macchina al collo, Eugene Smith che dal 1957 al 1965 fece 40 mila fotografie, tra immagini notturne musicali e istantanee delle strade del quartiere, prese dalla finestra del suo appartamento al quarto piano. E negli stessi anni registrò, con un sistema di cablaggio sofisticato, anche 4 mila ore di nastri mono e stereo. Mai visti o sentiti da nessuno fino a quando Sam Stephenson, curatore della Duke University, dopo avere lavorato per lungo tempo su questi preziosi documenti, ha pubblicato un catalogo e presentato una mostra multimediale alla New York Public Library for the Performing Arts dal titolo «The Jazz Loft Project» (è aperta da pochi giorni e si potrà vedere fino al 22 maggio).
«Smith - spiega Stephendon - era un maestro della camera oscura. In queste fotografie c’è il bianco, il nero ed ogni possibile sfumatura tra i due. Era un mago della manualità. Ed era anche attratto dalla musica, anche e proprio per il fatto che si "fa" con le mani».

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