lunedì 24 maggio 2010

Pescara Jazz 2010

Star internazionali, giovani talenti, una ventata di tradizione manouche: Pescara Jazz 2010 è una rassegna di sonorità fresche, trascinanti, raffinate. L’idea di canzone e repertorio attraversa tutto il programma.
Canzoni sono quelle suonate e soprattutto cantate da Diana Krall, erede dell’arte pianistica e canora di Nat King Cole. Con la sua voce vellutata e il pianismo incisivo ed elegante, la Krall si è da tempo imposta in uno stile che è a cavallo tra la grande tradizione della canzone americana e il jazz. Artista misurata, in realtà la Krall esprime una grande energia e determinazione, con il suo pianismo vivace che è il perfetto contraltare al canto sobrio e asciutto.
Non meno essenziale è l’approccio di Virginie Teychené, la nuova rivelazione della vocalità francese: interessata a qualsiasi forma di canto e influenzata dal fraseggio di Miles Davis e Sonny Rollins, la Teychené si esprime con uno stile jazz molto classico, controllato, ma con una peculiare dose di gioconda esuberanza che si manifesta anche in scelte di repertorio e arrangiamenti non scontati.
D’altra parte un repertorio si consolida quando le composizioni e le canzoni offrono una costante fonte di ispirazione agli artisti di generazioni diverse. Il gruppo di Enrico Rava che suona Gershwin ne è un esempio felice. Esso segna l’incontro tra generazioni diverse: da infallibile talent scout quale è, Rava si circonda di alcuni dei più brillanti giovani musicisti della scena italiana e con gli arrangiamenti di Dan Kinzelman affronta una serie di classici firmati Gershwin, ovvero quell’artista unico che, a confine tra jazz, musica classica e canzone, ha abbattuto prima di chiunque altro i confini tra i generi nel Novecento. Il songbook, la raccolta di “canzoni”, è nel jazz un concetto molto allargato: possono essere le canzoni di Gershwin, appunto, oppure un repertorio di pezzi, non necessariamente canzoni in senso stretto, identificati nel loro insieme da una qualche caratteristica comune.
È questo il songbook di Pat Metheny, che durante una ormai lunga carriera ha consolidato una collezione di composizioni di successo, di brani che ne hanno plasmato lo stile e la fama, che associamo al suo suono inconfondibile. D’altra parte per Metheny non è errato parlare di song, canzoni, se pensiamo alla cantabilità del suo stile, alla qualità vocale del timbro chitarristico, all’influenza della cultura popolare americana, in particolare rurale, sul suo stile maturo.
In tempi recenti, inaspettatamente, anche la musica di Django Reinhardt è diventata repertorio. Si tratta di un fenomeno curioso e affascinante: Reinhardt è stato il primo e probabilmente il più grande dei jazzisti emersi in Europa. Negli anni Trenta e Quaranta egli è diventato il simbolo di un jazz non necessariamente legato agli Stati Uniti, ma capace di esprimere i valori di una cultura diversa. Fondendo swing, musica manouche e valse musette, Reinhardt ha forgiato uno stile chitarristico e improvvisativo rimasto unico, a cui ha dato un contributo essenziale il violinista Stephane Grappelli. Dopo decenni di relativo oblio, a partire dagli anni Novanta lo stile di Reinhardt e Grappelli è diventato protagonista di un revival internazionale, che ha prodotto uno stuolo di formidabili talenti, spesso legati a intere famiglie, come il Rosemberg Trio, che qui incontra Bireli Lagrene, uno dei veterani del jazz manouche. Il gruppo del violinista Florin Niculescu, con il chitarrista Sanson Schmitt, si unirà invece all’Orchestra Sinfonica di Pescara in una singolare mescolanza di improvvisazioni gitane e suoni classici: un incontro di suoni e culture che sarebbe piaciuto allo spirito avventuroso di Django Reinhardt.
Per informazioni: www.pescarajazz.com

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