venerdì 23 aprile 2010

Miles Davis – Birth Of The Cool

Vorrei segnalare un bel blog, dal titolo Black Vibrations, un blog dedicato alla Black Music.
Ieri è stato pubblicato un belllissimo post, a firma di Marco Assanti, dedicato a Miles Davis e la rivoluzione della Birth Of The Cool del 1949.
Le storie che raccontiamo, quelle che viviamo, quelle che leggiamo, sono fatte di piccoli momenti che si trasformano in occasioni colte al volo. Momenti che lasciano il segno. Per coglierli ci vuole fiuto, dedizione e passione.
A questa regola non sfugge nessuno. Neanche i più grandi. Cogliere l’attimo, riconoscere il momento propizio non è da tutti: quante storie conosciamo di occasioni sprecate? Ne ho lette di storie di questo genere... Di occasioni che all'improvviso cambiano la vita, in un senso, se colte, in un altro, se lasciate andare. E non conosco nessuno che non abbia vissuto un momento che gli abbia cambiato le cose.
Poi ci sono quelli a cui, per istinto, per ricerca, le occasioni si ripetono.
Parliamo di Cool Jazz, di Hard Bop (senza dimenticare la rivoluzione Be Bop ), Modal Jazz, Jazz Elettrico o Jazz Rock. Parliamo di un uomo che non si è fatto sfuggire le occasione che gli sono capitate e che, per certi versi, le cercava e le annusava come un cane da tartufo. Parliamo di Miles Davis.
Non è facile farlo. Davis è incondizionatamente uno dei più grandi, con una storia complessa e lunga, che ha segnato la musica, la storia della musica, oltre il jazz, perchè la sua fama e la sua influenza vanno oltre il jazz, con un solco profondo e deciso. Miles Davis è stato indubbiamente uno dei più grandi in assoluto. Un musicista dalla genialità espressiva formatasi con un suono tondo ed armonioso, leggero e morbido. Un suono di tromba dalle caratteristiche eminentemente notturne che gli valse, negli anni, il nomignolo di “Principe delle Tenebre”.
Le sue erano sonorità languide e melodiche, che contrastavano con i dettami della tecnica base del periodo in cui Davis ha iniziato la carriera musicale (era l’inizio dell’era del Be Bop), espressione di un modo di suonare che ha lasciato il segno anche visivamente. Miles suonava raccolto, rannicchiato, chiuso in se stesso e spesso, soprattutto nell’ultima parte della sua carriera, incerottato in un vestito d’orato di forgia Versace, anche di spalle al pubblico, in un gesto di stizzosa mancanza di rispetto. Ma non era così. Non era mancanza di rispetto.
La sua personalità forte e determinata ma racchiusa in un carattere molto introverso e timido contrastava con il ruolo di stella assoluta della musica del secolo scorso. E il dare le spalle era una sorta di segno di riconoscenza nei confronti dell’unica cosa al mondo a cui Davis doveva rimettersi: la sua stessa musica. “ …Preferisco un suono rotondo senza troppo carattere, una voce senza molto tremolo, vibrato o armonici gravi! Se non riesco ad ottenere un suono del genere non riesco a suonare…” dichiarò lo stesso Davis in un libro intervista. Allora, guardare verso il palco, suonare dando le spalle al pubblico – sarebbe, comunque, stato raggiunto dalle note della musica che diventava protagonista rispetto ai musicisti – era il suo modo di dare risalto a quei suoni straordinari che la morbidità della sua tromba produceva.
La sua tecnica nasce a Saint Louis, sua stessa città natale ( 1926), grazie al lavoro di Elwood Buchanan, primo maestro di Davis, che gli bacchettava le mani ogni volta in cui il giovanissimo Miles si produceva in un vibrato: “ ...Guarda Miles, piantala con questo vibrato alla Harry James. Non c’è bisogno di far tremare le note, perché tremerai abbastanza da solo quando sarai invecchiato…” (da un ricordo di Miles Davis sul suo avvicinarsi alla tromba).
Figlio di una famiglia afro-americana benestante, riuscì a superare la volontà della madre, abile pianista, di avviarlo allo studio del violino, quando il padre, all’età di 13 anni, gli regalò la tromba. Miles ne fu entusiasta e iniziò a studiare. Fu l’inizio.
Nel 1943 troviamo Davis nella formazione dei Blue Devils di Eddie Randle con i quali inizia la sua carriera musicale. L’ingresso in questa formazione gli permette d’incontrare e frequentare molti musicisti tra cui il giovane Clarke Terry, trombettista, giovanissimo ma già molto noto, Fats Navarro, Sonny Stitt. Stitt offrì al giovane Davis l’opportunità di unirsi all’orchestra di Tiny Bradshaw ma Miles, ancora sotto l’ala protettrice della madre, rifiutò l’offerta. Occasione sfuggita…
Nel 1944, Davis era al Riviera Club di St. Louis ad assistere ad un concerto della Billie Eckstine Big Band. Gli si avvicinò un musicista, grassottello e dalla faccia simpatica, disse a Davis di sostituire uno dei trombettisti, Anderson, e gli presentò Charlie Parker, Sarah Vaughan, lo stesso Buddy Anderson, Gene Ammons, Lucky Thompson e Art Balkey e dopo che Davis accettò la proposta si presentò: era Dizzy Gillespie. Occasione colta. Davis dirà che fu la sua reale folgorazione sulla via di Damasco, che da quel momento in poi sapeva cosa avrebbe fatto nella sua vita.
Fu affascinato dal fascino di Bird: “… Mi voltai e c’era Bird, conciato peggio di una merda, con la faccia gonfia, gli occhi arrossati e l’aria di aver dormito nei suoi vestiti spiegazzati per giorni. Ma era fico, con quell’aria hip che gli riusciva di avere anche quando era ubriaco e drogato…”. Fu affascinato così tanto che si trasferì a New Yoork ed iniziò a cercare un incontro con Parker e Gillespie per poter suonare insieme. Sarebbe stata la sua vera scuola, anche se, dopo l’incontro, inizierà a farsi coinvolgere nel giro di droga sino a restarne completamente preso: “…E’ inutile che tu sprechi i pochi soldi che hai per comprare roba da sniffare, perché tanto starai male lo stesso. Sparatela, e vedrai che starai molto meglio...”. Erano gli anni in cui la sindrome di Parker girava furiosa tra i musicisti al punto che molti di quelli che avevano suonato con Parker o morirono anch’essi o si persero o divennero, uscendone indenni, dei grandi. Un fattore stranissimo di crescita con incidenza sullo stato di salute che porta la creatività ai punti più alti. Del resto erano gli anni del Be Bop, dove i suoni erano aggressivi, dove gli strumenti erano delle armi da fuoco che sputavano note a velocità stratosferiche. Miles era convolto in ciò. Coinvolto ma distaccato. Coinvolto dalla droga (quasi scomparso completamente dalle scene per tossicodipendenza, dal 1949 al 1954). Coinvolto dalla voglia dì imparare, di conoscere le potenzialità dello strumento di emettere una gamma altissima di suoni. Coinvolto, si, ma non completamente preso da queste sonorità.
“…ai tempi del Be Bop tutti suonavano velocissimi. Ma a me non è mai piaciuto suonare tutte quelle scale su e giù. Ho sempre cercato di suonare le note più importanti di ogni accordo, per sottolinearle…”.
Questa è un’espressione di Davis che ci deve far comprendere bene il personaggio. La sua era ricerca, continua, della nota più importante. Ed era essere al di fuori degli schemi del tempo e delle mode. Il jazz era impostato in una direzione aggressiva e fantasiosa. Fatto di esplosioni di sonorità quasi violente ed acide, ma Miles cercava altro. Voleva mettere in quel che faceva qualcosa di proprio. Testimonianza di ciò la troviamo in una dichiarazione di John Coltrane che collaborò a più riprese con Miles creando un sodalizio che si sarebbe spezzato all’inizio degli anni 60 ridefinendo, ancora una volta, i canoni del jazz. Ma questa è un’altra storia, una storia che racconteremo la prossima volta che parleremo di Miles… Coltrane dirà: “ …Vedete, io ho vissuto per molto tempo nell’oscurità, perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci altro… Credo che sia stato con Miles Davis, nel 1955, che ho incominciato a rendermi conto che avrei potuto fare qualcosa di più.”.
Fare qualcosa di più mettendoci qualcosa di proprio. Ecco Davis. Ecco Miles Davis il genio. Il creatore di stili musicali nuovi. Birth of The Cool.
Un passo indietro. Un salto alla fine degli anni 40.
Troviamo Davis che frequenta Gil Evans, compositore canadese. Con Evans, tra chiacchiere e musica, nacque una delle più importanti intese musicali della storia della musica jazz. Evans portò Davis a riflettere sul proprio stile musicale e ad avere l’intuizione di fare un passo indietro rispetto alla strada intrapresa. Be bop, ok. Ma quei suoni tondi e morbidi che fine avrebbero dovuto fare? Il sound di Davis avrebbe dovuto rimettersi all’indirizzo della moda del tempo ed adeguarsi alla velocità dei bopper più scatenati?
Davis aveva già la sua idea sulla velocità e sull’importanza del note all’interno dell’accordo. E Evans trovò terreno fertile. Propose a Davis la composizione di un nonetto, sulla falsa riga delle big band dell’epoca precedente e, con una formazione del genere, fare un piccolo passo indietro conservando gli insegnamenti conseguiti. La formazione cambiò più volte con un seguito di musicisti bianchi che fece storcere il naso alla comunità nera. Alcuni nomi: Davi, Roach, Mulligan, Konitz (chiamato per sostituire Stitt che aveva un suon troppo bopper), Zwerin, Winding, McKibbon, Shulman, Lewis, Haigh, Barber e Collins. In pratica una mescolanza d suoni bianchi e neri… una violenza ai dettami del Be bop. Un suicidio per una formazione jazz guidata da un nero….
Ancora Davis: “ …dissi che se c’è uno che sa suonare come Lee Konitz …io lo assumo immediatamente, anche se è verde con il fiato rosso. Io assumo quel figlio di puttana per come suona, non per il colore che ha…”.
Il gruppo, guidato da Davis che aveva la completa iniziativa di organizzare le prove e di dirigerle, suonò per diverse settimane al Royal Roost di New York con un cartellone in cui venivano accreditati anche gli arrangiatori. Cosa strana per l'epoca ma un modo per mettere in risalto la partecipazione anche attiva di Gil Evans al progetto.
Davis ottenne un contratto con la Capitol Records per la produzione di diverse incisioni uscite singolarmente e poi raccolte in un'unica incisione dal titolo: “ Birth Of The Cool”. La nascita del Cool… un titolo manifesto, volutamente lasciato così, con in copertina un Davis di profilo, su fondo nero che suona la tromba, sovrastato dalle scritte in rosso e in bianco. Una copertina semplicissima, tesa ad evidenziare la semplicità del suono, l’essenzialità del sound. La nascita di un nuovo linguaggio jazz, privo di orpelli di scale portate all’esasperata estensione articolare, vorticosamente su e giù in tutte le posizioni tonali. Un disco in cui la tecnica è l’essenzialità della nota, cercata, voluta, costruita e portata in alto.
Questa è antitesi del Be bop.
Nel disco troviamo: tanta musica colta europea ( portata dall’esperienza di Gill Evans, di chiara matrice classicistica); le sonorità delicate di quello che sarà il cd West Coast Jazz, il jazz bianco, espresse in formazioni allargate, anche qui antitesi con le formazioni bop (quartetti o quintetti al più); il riuso di strumenti caduti in disgrazia nel periodo bop ( tuba, trombone, corno francese…) che ruotano delicatamente negli assoli ed intervengono, raramente, in modo massiccio. Questa è senz’ombra di dubbio opera dell’intervento di Gil Evans che cura gli arrangiamenti con stampo chiaramente di musica classica, inserendo la delicatezza e la ricerca della nota – quello che Davis voleva ed aveva imparato dal suo primo maestro – in un contesto musicale, il jazz, che era ormai diventato un campo di battaglia tra colossi. Qui siamo ai limiti del jazz, molto ma molto vicini alla musica classica, con gli assolo studiati a tavolino e trascritti per durare un tempo determinato (totale contrapposizione al Be Bop dove l'assolo iniziava e tra note sparate e ripetute, non aveva una fine prevista) e il tempo, privo di battute singole, legato in maniera lineare con ritmiche, quasi sussurrate. È un sound morbido, rilassato, cool, appunto.
Il disco è stato più volte ripreso. Più volte reimpostato modificandone l’ordine di presentazione dei brani, sino al 1957, anno dell’emissione in commercio della versione definitiva. Il cool jazz era nato.
La prima occasione vera di Miles....

Nero jazz - Giancarlo Fundarò

Per circa tre anni il reporter catanese Giancarlo Fundarò ha fotografato i concerti jazz della sua città riprendendo dal vivo personaggi molto noti come Yusef Lateef, Ryuichi Sakamoto, Stanley Jordan e Rossana Casale. L’enfasi del suo lavoro, tuttavia, non si concentra sul singolo personaggio, ma sull’emozione e sull’atmosfera del concerto e sui dettagli che contribuiscono a ricrearla: i gesti degli artisti, le loro mani sugli strumenti, il contrasto tra luce e buio.
Il volume Nero Jazz, pubblicato da 24 ORE Motta Cultura – Gruppo 24 ORE con marchio Federico Motta, non è quindi solo una galleria di ritratti ma un modo per entrare a contatto con le sensazioni più profonde della musica jazz. Le foto raccolte del libro sono partecipi di quanto avviene, riprese da vicino durante le prove. Solo così riesce ad avere la complicità indispensabile a formulare il suo racconto dell’esperienza musicale, mettendo in risalto la straordinaria intesa che si crea nel momento del concerto tra i musicisti trascinati dall’improvvisazione.
La libertà di movimento sul palco gli consente di ottenere una molteplicità di visione, ottenuta variando angolazione e distanza di ripresa. Fundarò ripropone visivamente, nella sequenza delle foto, le modulazioni e gli scatti creativi che danno vita all’esperienza musicale.
Per acquistare il libro su Internet Book Shop, si può visitare questo indirizzo.

giovedì 22 aprile 2010

Wynton Marsalis Live al Dizzy's Club Coca-Cola

Nelle nostra continua navigazione in rete, ci siamo imbattuti nel videostreaming di uno straordinario concerto del grande trombettista Wynton Marsalis.
Il video è tratto da un concerto del quintetto di Wynton Marsalis, registrato al Dizzy's Club Coca-Cola, situato al Frederick P. Rose Hall al Time Warner Center, casa di Jazz at Lincoln Center, a New York, il 29 novembre 2009.
E' una imperdibile occasione per ammirare live uno dei più grandi personaggi del jazz di tutti i tempi è certamente uno dei più fantastici trombettisti.

Prima parte



Seconda parte

Verve Music Group porta il suono digitale ad un livello superiore

Verve Music Group, etichetta jazz a livello mondiale e divisione della Universal Music Group, oggi ha annunciato un nuovo accordo con HDtracks in base al quale fornirà ai consumatori l'accesso a molte delle proprie seminali registrazioni jazz, in una migliore ed incontaminata qualità sonora.
"Con HDtracks, Verve continua a offrire ai consumatori una scelta più ampia come utilizzatori di musica online", ha dichiarato Nate Herr, Vice Presidente & General Manager della Verve Music Group. "Con la rivoluzione digitale, la qualità del suono ne ha risentito. E per gli appassionati di jazz in particolare, questo è stato un problema. Almeno fino ad ora. Attraverso HDtracks, gli amanti del jazz saranno ora in grado di scaricare un pezzo con un suono con qualità DVD, così come avere biografie complete degli artisti, descrizioni e recensioni di album, che permetterà di ottenere un'esperienza musicale ancora più ricca".

Joe Locke "Force of Four" a Vasto

Domenica 25 Aprile 2010 ore 20:00 per la rassegna Il Grande Jazz, al Teatro Rossetti di Vasto, concerto del Joe Locke "Force of Four".
Joe Locke è unanimente considerato il più straordinario vibrafonista della sua generazione. Musicista in possesso di doti tecniche ed espressive davvero fuori dal comune, Joe Locke è un sublime virtuoso del proprio strumento e un artista di eccezionale vitalità, che ormai da molti anni continua con successo a proporre numerosi progetti, tutti caratterizzati da grande integrità artistica, nonché da quella certa sua particolare generosità comunicativa che è tra l'altro una componente essenziale delle sue esibizioni live, le quali non a caso si distinguono per l'energia che esprimono e per l'entusiasmo che invariabilmente sono capaci di suscitare negli ascoltatori. Premiato quale "Mallet Player of the Year" in occasione della decima edizione dell'AAJ, tenutasi a New York nel giugno 2006, Joe Locke si presenta in questo tour italiano con il proprio quartetto, Force of Four, formato da eccellenti musicisti quali il pianista Robert Rodriguez, che ha collaborato tra gli altri con Roy Haynes, David Sanchez e The Caribbean Jazz Project, il contrabbassista Ricardo Rodriguez, che ha suonato tra gli altri con Miguel Zenon, Donny McCaslin e David Sanchez, e il batterista Johnathan E. Blake, già al fianco di John Scofield, Tom Harrell e Kenny Barron.

Ecco un video del quartetto che per l'occasione presenta Ruminations. Il video è tratto dal Festival Jazzbaltica, a Salzau in Germania il 3 luglio 2009.


Vivere Jazz a luglio per l'Estate Fiesolana

Chick Corea, Mc Coy Tyner, Joe Lovano, Paolo Fresu, Trilock Gurtu, Omar Sosa, oltre a Stefano Bollani, Roberto Gatto con una serie di giovanissimi talenti: continua l’impegno di Estate Fiesolana con Vivere Jazz per proporre musica di qualità in uno spazio importante come quello del Teatro Romano di Fiesole, realizzando un appuntamento di valore con il jazz e le musiche ad esso vicine. Per il 2010 la formula proposta continuerà ad affiancare grandi protagonisti con promettenti formazioni di giovani.
L’inaugurazione del festival ospita ancora un progetto di Stefano Bollani, questa volta in duo con il pianista americano Chick Corea, vera leggenda nel pianismo jazz: un incontro di tecnica, fantasia e creatività ma anche di generazioni diverse sottolineato da uno straordinario successo nella sua prima apparizione la scorsa estate.
L’attenzione ad i protagonisti della scena internazionale prosegue ospitando ancora un pianista di eccezione, McCoy Tyner, per anni a fianco del leggendario John Coltrane del quale viene considerato una sorta di “custode testamentario”. Con il suo trio sarà ospite un altro grande musicista, il sassofonista Joe Lovano.
Terzo appuntamento in programma con uno dei nuovi progetti del poliedrico batterista Roberto Gatto, un ensemble con la partecipazione di alcune tra le giovani promesse del jazz italiano, realizzato in collaborazione con l’Associazione I-Jazz e la Casa del Jazz di Roma.
L’estate 2010 vedrà poi la costituzione di un singolare trio “all stars”, quello formato dal jazzista italiano più seguito, Paolo Fresu, che dopo aver incontrato la scorsa stagione il giovane talento cubano Omar Sosa, “rilancia” artisticamente questa scommessa aggiungendo la presenza di un altro straordinario talento, quello del percussionista indiano Trilok Gurtu.
Per informazioni www.estatefiesolana.it.

Il meglio del jazz per l'anteprima di Mundus

Notizia tratta dal sito www.viaemilianet.it:
E' il festival fatto di musica dal mondo e posti incantevoli che non ti aspetti. Si chiama “Mundus e noi” e inizia alla fine di giugno, promosso e organizzato da Ater (Associazione Teatrale Emilia Romagna) e dalla Provincia di Reggio Emilia, in collaborazione con la Regione e i Comuni che ospitano gli eventi. Senza dover attendere l'estate, un primo assaggio è in programma giovedì 22 alle ore 21 al Teatro Comunale di Carpi. Da lì andrà in scena l'anteprima di Mundus, con un omaggio al jazz d'autore, che vede come protagonista, insieme ad altri, il grande Enrico Rava.
La formazione per l'occasione sarà così costituita: Enrico Rava (trumpet), Gianluca Petrella (trombone),Gianluigi Trovesi (alto sax) Mauro Ottolini (trombone – tuba), Dan Kinzelman (tenor sax), Daniele Tittarelli (alto sax), Francesco Fratini (Trumpet), Marcello Giannini (guitar), Giovanni Guidi (pianoforte), Stefano Senni (double bass), Zeno de Rossi (drums).
Rava si dice entusiasta di questo gruppo dal nome un pò laborioso: "Rava PM Jazz Lab" che costituisce l'organico stabile del Parco della Musica dell'Auditorium di Roma. Inizialmente il gruppo doveva chiamarsi PM JASS BAND, come nel primo disco di jazz inciso nel 1917 dalla Original Dixieland Jass Band guidata da un trombettista di origine sicialiana, Nick La Rocca. Come dice Rava stesso "...mi sembrava divertente e benaugurante. Inoltre mi ha sempre intrigato questo "jass" invece che jazz...ma non sono stato capito e la mia proposta, probabilmente a ragione, è stata bocciata senza appello, per cui ho ripiegato su Jazz Lab. In fondo non è troppo male. In compenso sono assolutamente entusiasta dei musicisti che ne fanno parte, che tra l'altro è il motivo per cui li ho scelti".
La sezione ritmica è composta da due giovani attenti e creativi, pronti a rispondere sempre agli stimoli: Zeno De Rossi alla batteria e Stefano Senni al contrabbasso. Giovanni Guidi al pianoforte si può dire ormai il complice imprescindibile di quasi tutte le "avventure" di Rava, uno dei musicisti di punta delle nuove generazioni. In quanto a Daniele Tittarelli è Rava stesso ad affermare "... posso solo dire che poche volte ho avuto il piacere di ascoltare un musicista così poetico e allo stesso tempo in possesso di una logica così stringente. Una perla rara". E poi c'è Mauro Ottolini che con la maestria che lo caratterizza suona indifferentemente il trombone a coulisse, il sousaphone, la tuba, il flicorno e altri strumenti, oltre ad essere anche un eccellente compositore e arrangiatore dotato di uno strepitoso senso dello spettacolo.
Fa parte del gruppo anche Dan Kinzelman, meraviglioso sassofonista americano trasferitosi da un paio d'anni dagli USA a Foligno, che Rava ha incaricato della stesura di questo progetto su Gershwin. Giovanissima presenza nel gruppo è quella di Francesco Fratini che suona la tromba al quale si unisce anche Marcello Giannini, ultimo in senso cronologico, acquisto della band che suona la chitarra.

McCoy Tyner e Gary Bartz al Blue Note

Notizia tratta dal sito www.milanotoday.it:
McCoy Tyner, uno dei pianisti che ha saputo innovare il jazz con grande semplicità, dal 12 al 14 maggio 2010 si esibirà sul palco del Blue Note, in via Pietro Borsieri, 37 in zona Isola. Ad accompagnarlo ci sarà anche, un'altro grande musicista Gary Bartz, sassofonista statunitense di jazz.
McCoy Tyner. Nato a Philadelphia comincia a studiare pianoforte all'età di 13 anni, sotto la guida della madre le sue prime influenze musicali vengono dall'ascolto di Bud Powell. Nel 1960 Tyner comincia la sua carriera professionale con Benny Golson e Art Farmer. Nello stesso anno si inserisce ufficialmente nello storico quartetto di John Coltrane insieme a Elvin Jones alla batteria e Jimmy Garrison al contrabbasso. Partecipa quindi, tra 1961 e 1965, alla composizione di alcuni tra i più importanti dischi della storia jazzistica come "My Favorite Things" e "A Love Supreme". Non molto lontana è la svolta di Coltrane verso il free jazz e l'atonalità, Tyner decide di avviare la carriera solista.
Gary Bartz. E' nato a Baltimora il 26 settembre del 1940. Si è laureato alla prestigiosa Juilliard School, dove iniziato a collaborare con Charles Mingus, Art Blakey e i Jazz Messengers, Miles Davis, McCoy Tyner, Max Roach, e Jackie McLean. A queste prestigiose collaborazioni ha aggiunto una carriera concertistica e di studio come leader di diversi gruppi, tra cui si ricordano gli Ntu Troop, che combinavano musica soul, funk, musica folk Africana, hard bop, e free jazz. Nel 2005, Bartz ha vinto un Grammy per la sua prestazione nell'album Illuminations di McCoy Tyner.
Per informazioni www.bluenotemilano.com/

mercoledì 21 aprile 2010

Count Basie - Swingin' the Blues

Il grande bandleader è veramente degno del suo nome dal suono reale. L'allegro e chiassoso musicista è conosciuto per la sua travolgente e irresistibile musica swing, ed è spesso considerato uno dei maestri del genere. Swingin' The Blues è un'esplorazione celebrativa della carriera musicale di Basie in cui un certo numero di amici e colleghi ci raccontano aneddoti sulla leggenda. Accanto a queste candide interviste ci sono alcuni magici filmati di Basie nell'esecuzione di alcuni dei suoi classici brani.
Il sito www.seattlepi.com ci presenta una splendida recensione di questo imperdibile Dvd.
Among the nobility of jazz musicians two names stand out — the Duke and the Count. And while most faced with choosing between them would be likely to place the Duke at the pinnacle, and the Count himself gives place to the Duke, there would still always be those who would opt for the swinging blues of the Count as the top of the heap. And this is only right, because though both men led big bands, their musical genius pushed them in different directions with different sounds. The Duke moved from the dance hall to the concert hall; the Count stayed true to his dance hall roots. Dance hall, concert hall: in each neither man has his peer.
Nothing demonstrates Count Basie's eminence in the dance hall like the newly remastered documentary DVD, Count Basie — Swingin' the Blues, part of the Masters of American Music series from Naxos and EuroArts. The focus of the documentary, narrated by Roscoe Lee Browne, is on the music. There is some discussion of the man's life, but this is not a biography. The bulk of the hour long DVD is devoted to commentary by musicians that played with the Basie band — Harry 'Sweets' Edison, Earl Warren, Buddy Tate, and many others — and archival musical performances by some of the most respected names in jazz.....
Per acquistare questo Dvd dal sito di Internet Book Shop, si può visitare questo indirizzo.

Ecco un video tratto dal Dvd:


NEA 2010 Jazz Master - Jazz at Lincoln Center

Per una notte, i maestri del jazz si riuniscono sotto lo stesso tetto quando il National Endowment for the Arts onora gli America's Jazz Masters. In questa puntata di Jazz at the Lincoln Center si possono ascoltare le parole e le opere dei premiati di quest'anno: il pianista, sassofonista e compositore Muhal Richard Abrams, i pianisti Kenny Barron e Cedar Walton; il compositore Bill Holman; Yusef Lateef; il vibrafonista Bobby Hutcherson, la vocalist Annie Ross e il produttore e critico George Avakian.
Per ascoltare la trasmissione clicca qui.