giovedì 11 febbraio 2010

Intervista a Robin D.G. Kelley autore di una nuova biografia di Monk

Il blog Bop and Beyond pubblica una bella intervista al professore Robin D.G. Kelley autore di Thelonious Monk: The Life and Times of an American Original, una straordinaria biografia del grande pianista.
Il libro si basa su documenti esclusivi della famiglia Monk e da registrazioni private, così come da un decennio di ricerche prodigiose, nei quali lo storico Kelley porta alla luce un Thelonious Monk sorprendentemente diverso, spiritoso, intelligente, generoso, impegnato politicamente, brutalmente onesto, ed un padre e marito devoto.

Despite previous biographies and a documentary film, Monk still appeared to many to be an extremely obscure and mysterious figure. You had unprecedented access to Thelonious’s family and friends, as well as many home and personal recordings. Was it difficult to separate Monk’s public persona from his private one? How much of the public myth surrounding him was self-reinforced?
Access to the Monk family materials and, more importantly, to Monk’s family and closest friends was essential for discovering who Thelonious was as a person, his demons and charms, and what he was up against. After years of digging, three things became very clear: first, that the media (going back to about 1947) essentially created and kept alive the public image of Monk we’ve inherited; second, that Monk himself had a bit of an investment to maintain the image of him as eccentric or “crazy” as a strategy to protect his own identity and privacy; third, that the range of behaviors Monk exhibited cannot to attributed to any one factor, and what is often called “eccentric” is often misunderstood. His actions, as I make clear in the book, have to be understood in context; each moment is situational.
Per maggiori informazioni sul libro potete visitate il sito ad esso dedicato.

Gianni Basso - Una vita con il sax

E' in vendita sul sito di Fabiano Editore un splendida biografia di Gianni Basso, alla quale ha contribuito lui stesso alla stesura, al prezzo promozionale di € 19.
Una biografia, soprattutto se di un grande personaggio, deve essere, nel suo insieme, una storia di umanità. I buoni frutti possono nascere solo dai buoni alberi, così come le grandi opere scaturiscono dalla carica d'amore che riesce ad esprimere chi le produce.
È vero che il contesto storico e ambientale influiscono sulla formazione del personaggio e, spesso, ne guidano l'opera, ma alla fine è la sensibilità soggettiva, formatasi attraverso l'esperienza di un "vissuto" complesso e a volte sofferto che dà l'impronta.
Ed è in coerenza di quanto detto che si può affermare, senza dubbio, come per Gianni Basso l'amore che ispira il suo modo di essere significhi dedizione al proprio mestiere e illimitata fiducia nei propri mezzi, sommati al piacere di comunicare e rendere partecipi gli altri della sua vita attraverso il jazz. Ma c'è di più. Come ogni grande uomo Gianni è rimasto fortemente attaccato alle proprie origini, ai ricordi, legato al suo passato. Fatto di amicizie, serate all'osteria, personaggi semplici ma di grande saggezza, scorci suggestivi di paese, cultura di provincia, alla quale ha aggiunto un notevole bagaglio di conoscenze acquisite girando il mondo da professionista importante: cose che lo hanno aiutato a crescere. Ecco. Se per capire Basso bisogna contestualizzarlo nella Cultura del nostro tempo e nella storia della Musica, non bisogna dimenticare di ricercare nel suo «intimo», per scoprire quelle tracce di esistenza e quei valori che gli hanno trasmesso quel particolare tipo di sensibilità umana che contraddistingue un artista vero.
Questo libro vuole essere, prima di tutto, una testimonianza di affetto nei suoi confronti e, quindi, l'omaggio dovuto ad un uomo dall'animo grande, che ha fatto della musica una ragione di vita. Infine, spero che il mio lavoro possa contribuire all'interno di una bibliografia già monumentale che parla dell'Artista, a far conoscere ulteriormente la personalità di Gianni attraverso la narrazione di vicende inedite, scaturite dalla quotidianità.
Per maggiori informazioni ed acquistare il libro cliccate qui

lunedì 8 febbraio 2010

Dee Dee Bridgewater celebra Billie Holiday

Sul Giornale un bel articolo di Antonio Lodetti parla della grande cantante Dee Dee Bridgewater e del suo prossimo album To Billie With Love: A Celebration of Lady Day
Superfluo dire che è una cantante versatile; la sua voce insolitamente elastica, che oscilla dal blues alla ballata, dal sussurro all’urlo, dallo scat al pop, l’ha portata sul trono del canto jazz. Dee Dee Bridgewater è abituata alle sfide impegnative (anni fa ad esempio, in Dear Ella, si cimentò con il repertorio di Ella Fitzgerald) e stavolta va a ripescare il mito di Billie Holiday con l’album, in uscita nei prossimi giorni, To Billie With Love: A Celebration of Lady Day. Più di vent’anni fa Dee Dee si era calata nei drammatici panni della Holiday in teatro con un certo successo, ora ha ripreso il suo repertorio, lo porta in giro per l’America e il Giappone in applauditi concerti, e per noi lo riversa in un cd.

sabato 6 febbraio 2010

Bergamo Jazz 2010

La XXXII edizione di “Bergamo Jazz” si svolgerà dal 19 al 21 marzo 2010: un saluto musicale all’inizio di Primavera evidenziato dal titolo Spring In Jazz scelto da Paolo Fresu, che lo scorso anno ha ereditato da Uri Caine la guida di uno dei più longevi e gloriosi festival jazz d’Europa. E così come avvenuto nel 2009, anche il prossimo anno i mille suoni del jazz si diffonderanno in vari angoli della città, ad iniziare dal Teatro Donizetti, sede tradizionale del festival, organizzato come di consueto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo e dal Teatro Donizetti. I concerti serali saranno quindi accompagnati da altri appuntamenti ospitati al Teatro Sociale, all’ex Chiesa della Maddalena e in altri luoghi. Prestigioso come sempre il cast artistico, che nell’insieme offrirà un significativo spaccato delle molteplici anime che oggi coabitano in armonia nel mondo del jazz, fra rimandi alla storia della musica afroamericana e proficui incontri con altre musiche.
Venerdì 19 marzo, la prima delle tre serate al Teatro Donizetti, verrà aperta dall’inedito faccia a faccia tra due fuoriclasse del jazz del Vecchio Continente: Richard Galliano e John Surman. A far da prevedibile collante tra il fisarmonicista francese e il polistrumentista britannico, la capacità di entrambi di dialogare nel solco di una musicalità dai molteplici ingredienti sonori, inclusi il tango ed echi del folklore nordico. La loro esibizione sarà seguita da quella di una delle ultime leggende viventi del jazz: Ahmad Jamal, il pianista prediletto dal “divino” Miles Davis. Il musicista di Pittsburgh, dove è nato del 1930, si produrrà alla testa di un quartetto comprendente, fra gli altri, il percussionista Manolo Badrena, già componente negli anni Settanta dei leggendari Weather Report.
Sabato 20, il compito di salire per primi sul palcoscenico del Teatro Donizetti spetterà a Misha Alperin (pianoforte e voce), Arkady Shilkloper (corno, flicorno e voce) e Sergey Starostin (clarinetto e voce), ovvero il Moscow Art Trio, formazione dall’originale impianto strumentale che mescola richiami accademici e folklorici con il linguaggio improvvisativo di derivazione jazzistica. La seconda parte della serata sarà affidata al nuovo quintetto del più internazionale dei jazzisti italiani, Enrico Rava, affiancato dal vulcanico trombonista Gianluca Petrella, dal talentuoso pianista Giovanni Guidi e da un tandem ritmico di valore costituito dal contrabbassista Piero Leveratto e dal batterista Fabrizio Sferra.
Domenica 21, i riflettori saranno prima puntati sul pianista cubano Omar Sosa e poi sul San Francisco Jazz Collective. Artefice di un’affascinante mix che ingloba elementi caraibici, africani e, ovviamente, jazzistici, Omar Sosa presenterà il suo Afreecanos Quintet, gruppo multietnico che allinea la cantante maliana Mamani Keita, il mozambicano Childo Thomas (basso), i cubani Leandro Saint-Hill (sax alto e flauto) e Julio Barreto (batteria). Diretta emanazione del festival californiano da cui prende il nome, il San Francisco Jazz Collective è una formazione ad organico variabile che di volta in volta ospita al suo interno musicisti differenti. L’edizione che arriverà a Bergamo si configura come una autentica all-stars delle ultime generazioni di jazzisti d’oltre Atlantico, schierando il trombettista Avishai Cohen, i sassofonisti Miguel Zenon e Mark Turner, il trombonista Robin Eubanks, il vibrafonista Stefon Harris, il pianista Ed Simon, il contrabbassista Matt Penman e il batterista Eric Harland. In repertorio storiche pagine di Horace Silver, alfiere negli anni Cinquanta dell’hard bop e del soul jazz.
Per ulteriori informazioni visitate il sito del Teatro Doninzetti

Cinzia Tedesco a Radio 1 Rai

Martedi 9 febbraio, la cantante Cinzia Tedesco parteciperà alla trasmissione START su RADIO 1 RAI condotta da Giandomenico Foderaro dove presenterà il suo nuovo CD appena pubblicato dalla CNI Music e dal titolo 'Like a Bob Dylan'.
Durante il programma la cantante eseguirà anche alcuni brani dal vivo, accompagnata al pianoforte da Stefano Sabatini che è anche il curatore degli arrangiamenti del CD.
Il programma che andrà in onda dalle ore 10.30 alle 11.30, potrà essere ascoltato anche via internet dal sito di radio Rai cliccando qui.

giovedì 4 febbraio 2010

Esce "Sam I Am" album di debutto per il 15enne violinista Sam Weiser

L'etichetta Disappear Records sta per pubblicare Sam I Am album di debutto del giovanissimo violinista Sam Weiser.
Weiser si è già conquistato la fama di violinista prodigio, strumento che ha iniziato a suonare all'età di tre anni, ed oggi, all'età di quindici, è il primo studente di pre-college ad aver guadagnato l'accesso alla prestigiosa Manhattan School of Music, nei corsi di violino classico e jazz.
Nell'album Weiser svaria in maniera piuttosto convincente in differenti stili quali gypsy jazz, swing, bebop, klezmer, musica Brazilian e folk, includendo pezzi di Santana, Eddie Palmieri, Pearl Jam, Bill Monroe e George Shearing, accompagnato da prestigiosi musicisti come Sonia dei Disappear Fear, il chitarrista Lulo Reinhardt (nipote di Django) ed il batterista Dennis Chambers.
Su You Tube si può ammirare un video di questo giovane violinista nella cover del celebre Europa di Carlos Santana

Parco della Musica Jazz Lab

Primo appuntamento all’Auditorium con il Parco della Musica Jazz Lab, un ensemble di giovani musicisti tra i più noti e validi dell’attuale panorama jazzistico italiano, che lavorerà con il trombettista Enrico Rava nell’arco di due anni per mettere a punto una serie di progetti originali. L’esordio è avvenuto a Orvieto il 3 gennaio, nell’ambito di Umbria Jazz Winter. Per l’occasione Rava ha scelto alcuni dei brani più suggestivi tratti dal song book di Gershwin per riproporli in una nuova e originale versione. Durante tutta la sua carriera Enrico Rava ha cercato con passione la collaborazione dei giovani musicisti. Ne ha coltivato le doti artistiche, li ha instradati e li ha fatti suonare in Italia e all’estero. Per questo la Fondazione Musica per Roma si è rivolta a lui per capitanare un collettivo stabile e dinamico, in grado, di reggere il confronto con i big della scena internazionale. I musicisti che si esibiranno stasera sono: Enrico Rava tromba, direzione, Francesco Fratini tromba, Gianluca Petrella trombone, Mauro Ottolini trombone, tuba, Gianluigi Trovesi clarinetti, Daniele Tittarelli sax alto e soprano, Dan Kinzelman sax tenore, arrangiamenti, Marcello Giannini chitarra, Giovanni Guidi pianoforte, Stefano Senni contrabbasso, Zeno De Rossi batteria
Per informazioni visitare il sito dell'Auditorium.

mercoledì 3 febbraio 2010

Watts (Jeff "Tain" Watts) / Prana Dance (Tom Harrell)

Oggi voglio parlare di due album che ho scoperto recentemente e cho trovato entrambi, anche se in maniera radicalmente diversa, piuttosto memorabili, tanto da classificarli nei primissimi posti di una personale "hit parade" tra gli album del 2009. Gli album in questione sono il fiammeggiante Watts della formazione dell'omonimo batterista e Prana Dance di Tom Harrell.

Watts è lo straordinario risultato dell'incontro di quattro eccellenti musicisti quali Jeff "Tain" Watts, Terence Blanchard alla tromba, Branford Marsalis al sax tenore e soprano e Christian McBride al basso acustico, che per l'occasione realizzano un album in puro stile post-bop al più alto livello, costellato di pregiate e strepitose parti solistiche. La particolare formazione senza piano (tranne che nella ballad Owed nel quale si apprezza la partecipazione di Lawrence Fields), permette di mettere in risalto la potenza e la robustezza del suono di basso e batteria. Watts in particolare non disdegna di prendersi numerosi strepitosi assoli che lo confermano uno dei più grandi batteristi dell'epoca moderna e sicuramente uno dei più vibranti. Assolutamente fantastico il suo assolo in M'Buzai nel quale si registrano una varietà di temi e di ritmi veramente impressionanti. E' quasi inutile poi segnalare la grandezza del duo Blanchard-Marsalis, una coppia affiatatissima e straordinariamente complementare, bravi sia nei torrenziali assolo che nell'interplay di coppia collaudato da anni di proficua collaborazione. Particolarmente brillanti sono le loro interpretazioni in Return of the Jitney Man, un classico bop e tra i pezzi più infuocati che mi sia capitato d'ascoltare ed il magnifico blues Dancin' 4 Chicken, con un grande assolo di Blanchard che gli ha permesso di vincere il Grammy Award come miglior pezzo strumentale.

Radicalmente diverse sono le sonorità presenti in Prana Dance il bellissimo album del trombettista Tom Harrell. Il sound è naturalmente più rilassato, gli assoli meno preponderanti, mentre c'è una maggiore attenzione per la scrittura. Harrel si conferma un magnifico compositore, i suoi pezzi pur intricati e a volta di difficile lettura, mantengono una straordinaria vena lirica che trova un perfetto riscontro nel delicato sound della sua tromba. Ma Harrell è anche uno splendido strumentista la cui vena lirica ed il sound fresco si coniuga con un playing a volte poderoso ed anche veloce, come documentato dalla splendido Sequenza, ben coadiuvato da una solida formazione composta dal sassofonista inglese Wayne Escoffery, suo partner di lungo corso, dal tastierista Danny Grissett, dal bassista Ugonna Okegwo e dal batterista Johnathan Blake. Tra gli altri pezzi degni di nota dell'album segnalerei il brillante ed originale Prana e l'esotico Maharaja.

lunedì 1 febbraio 2010

I vincitori dei Grammy Awards per il Jazz

Sono stati assegnati i Grammy Awards, uno dei premi più importanti degli Stati Uniti, per il settore musicale.
Per il jazz i vincitori dell'anno sono stati:
Best Contemporary Jazz Album
75 - Joe Zawinul & The Zawinul Syndicate
Best Jazz Vocal Album
Dedicated To You: Kurt Elling Sings The Music Of Coltrane And Hartman - Kurt Elling
(con al terzo posto So In Love dell'italiana Roberta Gambarini)
Best Improvised Jazz Solo
Dancin' 4 Chicken - Terence Blanchard - Track from: Watts (Jeff "Tain" Watts)
Best Jazz Instrumental Album, Individual Or Group
Five Peace Band Live - Chick Corea & John McLaughlin Five Peace Band
Best Large Jazz Ensemble Album
Book One - New Orleans Jazz Orchestra
Best Latin Jazz Album
Juntos Para Siempre - Bebo Valdés And Chucho Valdés
Per maggiori informazioni consultare il sito della manifestazione.

Articolo su Fred Hersch sul New York Times

Il New York Times ha recentemente pubblicato un meraviglioso e toccante articolo, a firma del critico David Hajdu, sullo straordinario pianista Fred Hersch.
L'articolo racconta la incredibile e miracolosa rinascita dell'artista che, malato di Aids, è stato per ben due volte in fin di vita nel 2008 a cause di gravi forme di polmonite Nel momento peggiore della malattia Hersch cadde in coma per oltre due mesi, nei quali perse le sue funzionalità renali, rendendo necessario l'ingresso in dialisi; i medici furono anche costretti a praticargli una tracheotomia e per ben otto mesi non fu in grado di bere o di cibarsi.
Inoltre l'Aids passato al cervello gli aveva causato una forma di demenza che lo aveva portato all'isolamento fisico e mentale causato da una grave forma di paranoia.
Ma grazie ad una straordinaria forza d'animo ed alla riuscita delle cure mediche, oggi Hersch è un uomo pienamente recuperato; lo scorso anno ha pubblicato due albums: un concerto dal vivo della sua Pocket Orchestra, ed una registrazione per piano solo intitolata Fred Hersch Plays Jobim, oltre ad avere in cantiere altre tre registrazioni.
“I thought every album I did was going to be my last album,” he went on. “Being sick and knowing my time is precious has made me want to be totally myself in my music. I decided that I wasn’t interested in playing hip music for hip cats. So I don’t pander to an audience. I’m completely comfortable with what I do, and I just don’t care what other people are doing.” He coughed a bit of iced tea into a paper napkin.
"It’s kind of a miracle that I’m here at all,” he said matter-of-factly. “It’s interesting — I had to learn to work with a more limited palette, technically, as a pianist. At the same time, I felt stronger than ever, creatively. I found that I had more interesting things to say musically. I had more to express, and what I had to say didn’t require pyrotechnics. The way I deal with the disease is, even though it has the power, I am not going to acknowledge that it has the power to mess with me.”
Vi consiglio di non perdere questo eccezionale ritratto.